1.   Accetto i termini della Privacy Policy
ABBONARSI A BILL
Pasquale Barbella

Ebbene sì. Da oggi ci si può abbonare a Bill. E per l’occasione abbiamo raccolto l’endorsement di un testimonial di livello. La parola a Pasquale Barbella.

Nelle mie vene scorre inchiostro di stampa. Sono cresciuto più a carta che a bistecche.

Superati i 60, ho subìto una mutazione genetica e sono diventato sempre più elettronico in fatto di letture e passatempi. In edicola ho tradito, una dopo l’altra, tutte le riviste che hanno accompagnato la mia vita e fomentato la mia curiosità. Trattengo ancora un legame con i libri di carta e qualche quotidiano, ma persino i quotidiani per me non sono più tali: dovrei chiamarli “settimanali”, perché ormai li consulto più in rete che con il foglio tra le mani.

“Bill”, il magazine della Tita, è riuscito a riaccendere in me quell’inclinazione al feticismo che sembrava essersi spenta. Droga da leggere, toccare e fiutare (nessun’altra concede tutti e tre questi piaceri).

Leggo “Bill” perché parla del nostro mestiere in modo diverso da come ne parla la stampa specializzata. Leggo “Bill” perché parla di pubblicità come ne parlerebbe la stampa più autorevole, se la stampa più autorevole mostrasse qualche competenza del fenomeno. Leggo “Bill” perché se ne frega del gossip e delle beghe che talvolta ci assillano, mirando invece a una “idea di pubblicità” di più ampio respiro geografico e culturale. Leggo “Bill” perché ci scrivo anch’io: o meglio, ci scrivo anch’io perché mi piace leggerlo.

“Bill” non somiglia a nessun’altra pubblicazione di settore, nemmeno alle riviste estere più accreditate. Non dico che sia migliore di quelle; dico solo che ne differisce totalmente, avendo scelto una sua impostazione felicemente singolare. Qualcosa, sì, mi ricorda, sia pure alla lontana: una insolita, emozionante esperienza collettiva di giornalismo pubblicitario, la rivista “Nuovo” che appassionò il mondo dei creativi negli anni ottanta. Di quell’esempio i fondatori e redattori di “Bill” replicano il fervore e la volontà di raccontare qualcosa di utile sul mestiere che fanno. Le analogie, comunque, finiscono qui: lo scenario è completamente cambiato e, anche quando la rivista fruga tra le pieghe della storia, lo fa mirando esplicitamente al presente e ai tempi che ci vengono incontro.

In giro ho raccolto un unico tipo di lamentela su “Bill”: quella relativa alla sua non facile reperibilità, specialmente nei centri che non sono serviti dalle librerie Feltrinelli. Da oggi il problema è superato: mi dicono che ci si può abbonare. Sono contento.

 

Comments are closed.