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Rivoluzione e Cioccolato
Giuseppe Mazza e Sonia Rocchi

Su Bill n.1 intervistiamo Ali Ali, il creativo egiziano che ha firmato la campagna Panda Cheese (oro a Cannes 2011, agenzia: Elephant Cairo). Ecco un estratto dell’intervista, nel quale ci illumina sul nesso tra una barretta di cioccolato e la primavera araba.

Di recente hai dichiarato che la rivoluzione può aprire nuove possibilità per il vostro linguaggio pubblicitario. Quali erano i freni con il regime?

Al Cairo – come in tutto il mondo – i clienti continuavano a dirti che i consumatori sono stupidi. Soprattutto presentavi buone idee, la reazione del cliente era regolarmente “il consumatore è troppo stupido, non capirà”. E invece la rivoluzione ha provato ai clienti che i consumatori non sono per niente né stupidi né passivi. Anzi, hanno un grande potere. E oggi nelle riunioni invece di ripetere “il consumatore è stupido” si dice “il consumatore è più in gamba di noi”. Si è capito che le persone vanno rispettate, che va rispettata la loro intelligenza e non si può insultarla con dei commercial idioti?

È cambiato molto dopo la rivoluzione?

Subito dopo la rivoluzione, molti brand hanno cercato di capitalizzarla. Volevano metterci sopra la loro bandierina. Ma per come la penso io, se tu produci una barretta di cioccolato la cosa migliore che puoi fare per il tuo paese è continuare a produrre un?ottima barretta di cioccolato. Non puoi mettergli su una bandiera scrivendo da qualche parte “c’eravamo anche noi”. Chiunque abbia cercato di fare cose del genere è una persone orribile. Dopo la rivoluzione abbiamo rifiutato tutte queste richieste, c’era tantissimo lavoro e tutti i brand – dal formaggio al soft drink – chiedevamo questo tipo di advertising. Ma noi proprio non volevamo partecipare a questa specie di “sacco della rivoluzione”. Siamo stati fermi per sei mesi di fila, ci rifiutavamo.

Leggilo tutto su Bill 01.

 

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